Tempi duri per il partito di maggioranza. Vittorie su vittorie e poi? Il Presidente della Camera ha l’ardire di alzare la voce, di farsi ascoltare. Perfino la moglie di Almirante è contro di lui.
C’è chi era già pronto a gioire quando ha sentito qualcosa squarciare il velo di perfezione che copriva il partito dell’amore. Una voce fuori dal coro ha fatto provare per un attimo l’ebbrezza che un po’ di democrazia interna scuotesse anche il Pdl. E invece, Fini è solo! Nel Popolo della Libertà le correnti sono metastasi e le voci di dissenso si curano in fretta, al massimo le si espelle!
Ma cosa è accaduto all’ex leader di An? Si sarà accorto all’improvviso che stava perdendo ad uno ad uno tutti i suoi riferimenti all’interno del partito? [1] Oppure ha avuto un rigurgito di dignità per non essere mai stato ascoltato in questi mesi?
E come mai l’idea di una corrente minoritaria nel Pdl a Berlusconi proprio non va giù? Come spiegargli che le correnti, intese come fattori patologici all’interno di un corpo partitico, diventano tali soprattutto se non riconosciute e ascoltate nell’ambito della dialettica democratica?
Berlusconi, invece, vorrebbe proprio non ascoltarle e ne farebbe volentieri a meno. Nel suo immaginario è come se vedesse entrare nella città del Pdl un cavallo di Troia ben congeniato per sabotare ogni suo progetto politico. Come chiarirgli che in realtà ci può essere diversità di opinioni e di interessi tra i membri di uno stesso partito? Che possono esistere subculture differenziate, correnti organizzate, il dibattito interno, la democrazia?[2]
La verità è che Berlusconi è lungimirante e sa che ad ogni modo la costituzione di una corrente – anche se di minoranza – può ledere la sua leadership e la sua libertà di movimento. Sa che potrebbe non essere più sovrano assoluto e che a quel punto dovrebbe combattere contro un’anima del partito, contro quell’idea di destra moderata e liberale, lontana dalla sua concezione plebiscitaria e carismatica della politica.
Insomma, l’idea di combattere in casa lo infastidiste terribilmente e così scatena in campo bastonature mediatiche, campagne acquisti tra i finiani, interventi in Direzione Nazionale studiati per isolare il Presidente della Camera.
Berlusconi non ammette che si ferisca il corpo del potere, il corpo del partito, il suo corpo. Un eventuale cedimento avrebbe significato un cedimento strutturale della sua creatura monocefala e l’emergere di sempre nuove posizioni contrapposte all’interno del partito. No, il berlusconismo non è questo!
E Fini? Dalla rabbia non riesce nemmeno a restar seduto nella sua poltroncina in prima fila. Alla Direzione Nazionale, il Presidente della Camera perde il suo aplomb, perde il controllo, ed è difficile immaginare una diarchia serena nel futuro del Pdl.
Sul fronte del Pd, invece, niente di nuovo. Di battaglie interne oramai è saturo, per non parlare delle correnti e delle fondazioni che gravitano intorno al pianeta democratico. Il silenzio di questi giorni è assordante, il Lingotto oramai è lontano. Prodi ancora alla ricerca della forma partito ideale più o meno federale. Veltroni che riparte timidamente con il lancio di una nuova fondazione (la nona nel panorama del partito).[3]
Così se nel Pd la democrazia interna si trasforma in un coacervo di correnti e leadership policentriche, causa del rachitismo di questo partito; nel Pdl di correnti non ne vogliono e vanno avanti a colpi di plebiscitarismo.
C’è chi troppo e chi niente!
Marina Ripoli
[1] L’ex leader di An ha scelto la carriera istituzionale alla Camera e ha lasciato gli incarichi di partito nelle mani dei “suoi” che invece non hanno alcuna intenzione di minare il progetto del Pdl e hanno preparato un «correntone lealista» da contrapporgli. Parliamo di Ignazio La Russa, l’unico ex An[1] dei tre coordinatori nazionali (gli altri sono i fedelissimi berluscones Bondi e Verdini[1]), e degli altri colonnelli Gasparri, Matteoli, Meloni, Alemanno.
[2] Le continue avvisaglie dell’insofferenza finiana si sono manifestate parallelamente, e in modo costante, all’affermarsi dell’ingombrante matrice berlusconiana nella struttura organizzativa e valoriale pidiellina (vd. l’articolo L’insofferenza finiana).
[3] Si chiama “Democratica” la nuova fondazione di Veltroni dedicata alla formazione e alla crescita delle nuove generazioni. Nascerà tra maggio e giugno.